Monte Rotonaria

Monte Ginepro e Monte Fragara

Il percorso che forse, più di tutti gli altri, può dare l’idea della diversità floristica dei Monti Ernici e di come questa cambi, con l’aumentare della quota, è quello che da Trisulti (Collepardo) sale al Monte Rotonaria. Con l’automobile è consigliabile arrivare a Collepardo lungo la strada che costeggia il bellissimo canyon inciso dai fiumi Capo Fiume e Capo Rio dove sembra di essere proiettati nelle Murge pugliesi.

Il percorso comincia inoltrandosi nella magnifica querceta di Trisulti mista ad un bosco di pini (da rimboschimento), subito si incontrano grandi e piccole querce con maestosi esemplari ultrasecolari. Ad arricchire il bosco ci sono anche specie tipiche di ambienti un po’ più caldi come il leccio e si nota con piacere il ricco sottobosco che accompagna i nostri passi arricchendo lo sguardo di tenui e variegati colori.

Grandi tronchi ormai secchi sembrano antichi custodi di un bosco che ha accolto chissà quanti viaggiatori e visto chissà quante storie.

Man mano che si procede, la pendenza aumenta fino a portarci al cospetto di una bella parete rocciosa dove potremo osservare dei lecci inerpicati e aggrappati alla roccia calcarea che con il proprio calore ne permette la sopravvivenza.

Costeggiando la parete arriviamo in uno dei punti più panoramici del percorso, Vado di Porca, da qui l’Abbazia di Trisulti sembra un gioiello incastonato nel bosco, come in un prezioso quadro la cui cornice è altrettanto preziosa.

Si continua cosi attraverso una serie di piccole praterie con spettacolari fioriture, siamo qui al confine tra la Querceta e la Faggeta ed abbiamo il privilegio di osservare specie floristiche di entrambe le “fasce vegetazionali”, rarità botaniche con sorprendenti colori sembrano gareggiare a chi attira maggiormente il nostro sguardo e molto spesso a vincere sono meravigliose Orchidee, subito però l’attenzione viene catturata da altri fiori come le Genziane o da vari tipi di margherite.

Continuando a salire si entra definitivamente nella Faggeta, su rocce sgretolate ma lucenti sotto i raggi del sole grazie ad un substrato di calcari dolomitici e calcari cristallini, qui in piena estate il sole si fa sentire ma fortunatamente presto si entra nella faggeta vera e propria, con alti e imponenti esemplari che regalano sollievo dal caldo estivo.

La quota insieme alla pendenza comincia ad aumentare e si arriva presto nel bosco d’alta quota dove i raggi del sole, filtrati dalle foglie, creano macchie di luce al suolo simili a un mantello di un Leopardo.

Dopo una ripida salita si arriva alla Sella Faito dove il folto bosco si apre su un’alta radura circondata da grandi faggi, da qui la vista spettacolare spazia verso il Monte Monna e il Monte Fanfilli (entrambi 1952 m) che ci sovrastano.

Le ultime macchie di faggeta lasciano cosi spazio a Ginepri nani i quali si inerpicano verso le vette ed è proprio li che si incrocia il sentiero che, volendo, può condurre alla Monna.

Una pausa è d’obbligo qui, dove si può notare la ricca flora delle praterie d’alta quota che ci permetterà di sbizzarrirci con foto di ogni tipo, prima di affrontare l’ultima e breve parte del sentiero che continua rientrando nella faggeta.

Siamo ormai già sulla cresta del Monte Rotonaria ma non lo intuiremo essendo circondati da bellissimi faggi dalle forme e dimensioni più varie; in brevissimo tempo però si esce sulla vetta e non si può che restare increduli e stupiti dal dirupo sottostante, le rocce si gettano per quasi 1000 m. di dislivello verso la sottostante valle del fiume Capo Rio.

Se si soffre di vertigini forse sarebbe meglio non avvicinarsi troppo all’orlo, ma come negarsi uno spettacolo del genere!?

La vista spazia su tutto il Frusinate, lungo la Valle di San Nicola e i Monti Maggiori, dal Monte Ginepro fino a M. Pizzo Deta e la Valle di Capo Fiume.

Sembrerà di essere su di un parapendio con le nuvole sotto i nostri piedi, intente a salire di quota. Effettivamente sull’orlo della vetta viene spontaneo tirarsi un pò indietro o cercare appigli per aggrapparsi ma non si può far a meno di tornare a riaffacciarsi subito dopo.

Da qui la grande Abbazia di Trisulti sembra un piccolo gioiello aggrappato sulla stretta gola del fiume sottostante con il bosco che l’abbraccia come a voler proteggerla.

Se si è fortunati capiterà di veder sfrecciare qualche falco sotto di noi mentre sfrutta le correnti d’aria calda che si sollevano dalle pareti rocciose sottostanti i nostri piedi, dove pochi ed equilibristi faggi si aggrappano al dirupo.

Il ritorno avviene lungo il sentiero dell’andata che con una veloce discesa riporta all’Abbazia di Trisulti che, se non la si è ancora visitata, merita senza dubbio una visita adesso con la soddisfazione del poter osservare dal cortile la vetta dove si è stati poche ore prima.

  • TEMPO DI PERCORRENZA: 3 ore
  • DIFFICOLTA: Facile
  • COSA OSSERVARE: La caratteristica naturalistica più importante di questo percorso è sicuramente il variare della vegetazione con l’aumentare della quota e dell’esposizione del versante, si passa da un bosco di Querce a Rovere, Roverella, Cerro e Leccio (sulle pareti rocciose), ad un bosco puro di Faggio con presenza di Agrifoglio e quindi in un “Habitat Comunitario Prioritario”.Il sottobosco è inoltre costituito da tantissime entità floristiche che arricchiranno i nostri sguardi passo dopo passo, ricordando sempre che i fiori non vanno colti ma ammirati e fotografati.

Stefano Costantini

 

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